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Luca Giuliano

Teatro interattivo

[Estratto da: L. Giuliano - I padroni della menzogna. Il gioco delle identità e dei mondi virtuali. Meltemi ed., Roma, 1997; pp. 82-86.]


Il gioco di ruolo dal vivo può essere definito una forma di "teatro interattivo"?
Non c'è un autore che ha scritto un testo con i dialoghi e le istruzioni di scena. Non c'è un pubblico che assiste passivamente alla rappresentazione. Non ci sono gli attori che recitano la loro parte sul palcoscenico, anche perché non c'è una "parte" da recitare. A dire il vero non c'è nemmeno un palcoscenico. Il dramma non è stato provato precedentemente e nessuno è in grado di dire quale sarà il suo esito finale.
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In un gioco di ruolo dal vivo ciascun partecipante è, nello stesso tempo, un esecutore e un osservatore: è un attore ed è parte del pubblico. In una parola è un giocatore, uno che partecipa a un gioco. Non è possibile partecipare passivamente a un gioco e il teatro interattivo è prima di tutto un gioco.
A ciascun giocatore viene assegnato un ruolo, un personaggio che si trova in relazione con altri personaggi e con l'ambiente, pertanto è un elemento di una trama, e la trama è definita, sebbene a larghe linee, in una sceneggiatura priva di dialoghi ma aperta a molte soluzioni.

I giocatori, sulla base delle informazioni ricevute, delle motivazioni e degli obiettivi indicati stabiliscono delle relazioni tra di loro, in gran parte basate sulla conversazione, con lo scopo di raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati o che qualcuno ha loro affidato insieme al personaggio da interpretare.
Le informazioni sono suddivise tra tutti i giocatori e solo alcune di esse vengono rivelate nel corso del gioco. Solo l'autore della sceneggiatura conosce la "verità", ma anche la sua "verità" non è altro che un campo di problematizzazione della verità: sono domande in attesa di risposta. Gli esiti cui daranno luogo le risposte e le scelte dei giocatori dipendono da una molteplicità di circostanze, molte delle quali sono completamente fuori dal controllo dello stesso sceneggiatore e degli organizzatori. Al termine del gioco viene accertata una "verità", tra le molte potenzialmente attuabili: quella che l'improvvisazione, la conversazione e le decisioni dei giocatori avranno determinato in modo irrevocabile e unico.
Coloro che partecipano all'evento non si ritengono interpreti di un'opera teatrale. Sono dei giocatori e vedono se stessi come dei giocatori. Al massimo si ritengono dei giocatori che fingono di essere degli attori. Il teatro presuppone degli attori separati dal pubblico, mentre in un gioco di ruolo dal vivo pubblico e attori sono la stessa cosa. L'identità tra pubblico e attori non è una cosa semplice da accettare e da decifrare, specialmente in considerazione della "competenza teatrale" acquisita durante l'infanzia da ciascuno di noi.

Il pubblico è essenziale nella comunicazione teatrale. La performance si basa su una transazione tra attori e pubblico. E' ciò che avviene tra questi due soggetti, la produzione di senso che ne deriva, a costituire l'azione teatrale (Elam 1988:10 ). Il pubblico, implicitamente, stipula con gli attori una convenzione in cui vige soprattutto il presupposto che "il pubblico non ha il diritto né l'obbligo di partecipare attivamente all'azione drammatica che si svolge sulla scena" (Goffman 1974:125 ). Vi sono delle demarcazioni spaziali e temporali che segnano il confine tra l'attore e lo spettatore: il palcoscenico, il sipario, l'uso delle luci, la musica, i rumori. Questi marcatori si acquisiscono con l'esperienza. Tutta l'attività teatrale, tutta la messa in scena di quella simulazione della realtà che è la fiction teatrale, dipende dall'abilità con cui il pubblico riesce ad acquisire la consapevolezza di essere un testimone della rappresentazione e non un protagonista di essa.
Eppure la separazione netta tra attori e pubblico è il risultato di un processo storico, ed è soprattutto una caratteristica del teatro borghese sottolineata anche dall'architettura stessa dello spazio scenico. Le avanguardie degli anni '60 e '70 hanno spesso infranto queste regole, in particolare il Living Theatre.

In un gioco di ruolo dal vivo, in cui i giocatori sono pubblico e attori nello stesso tempo, lo spazio scenico perde di importanza: è una casa, una sala da pranzo, un ristorante, una sala di riunione, la hall di un albergo. Ciascuno di questi ambienti può essere trasformato in uno spazio illusorio collocato in un altro luogo e in un altro tempo, ma non può e non viene mai delimitato come spazio di osservazione per il pubblico che assiste alla rappresentazione. Tra pubblico ed esecutore non vi è separazione di funzioni e quindi non vi è e non vi può essere separazione di spazio.
D'altra parte, anche nel teatro "tradizionale", il pubblico è meno passivo di quello si può pensare. In base alla competenza teatrale acquisita gli spettatori imparano a giocare con la realtà in modo da trasformare ciò che è scontato, banale, ovvio, in un'apparenza, e cioè in una problematizzazione della percezione. E' in questo modo che una sedia sulla scena non è più una semplice sedia ma un oggetto che rappresenta tutta la classe degli oggetti cui la sedia appartiene: un trono, per esempio. Sulla scena avviene un processo di virtualizzazione della realtà che costituisce le apparenze rendendole "reali". Le "risposte" degli spettatori rendono la sedia, di volta in volta, un trono, uno sgabello, oppure un cavallo. Il pubblico, quindi, coopera alla costruzione di senso e alla interpretazione del "testo teatrale" in modi diversi ma sostanzialmente rapportabili alle modalità di cooperazione del lettore nella narrazione (Eco 1979 ).

Un esame approfondito dei codici di comunicazione del gioco di ruolo dal vivo metterebbe in evidenza altri aspetti che ne fanno un vero e proprio teatro interattivo, non ultimo il fatto che, diversamente dal gioco di ruolo da tavolo, esso richiede spesso una vera e propria "messa in scena", con costumi, musiche, oggetti di scena, "macchine teatrali", effetti speciali (McLaughlin 1997:56 ).
Inoltre va detto che la presenza di tecniche di sperimentazione teatrale e letteraria compiute anche in ambito professionale è tutt'altro che casuale. C'è chi, come Brian David Phillips, si richiama esplicitamente al decostruzionismo di Jacques Derrida, sostenendo che il gioco di ruolo dal vivo ha realizzato in modo divertente e coinvolgente ciò che molti registi e attori professionisti non sono riusciti a fare limitandosi a mettere in scena spettacoli pedanti o vanamente provocatori (Phillips 1996 ). Gli autori e animatori di giochi di ruolo, specialmente quelli dell'ultima generazione, sono spesso consapevoli dello stretto rapporto tra le loro "rappresentazioni" e le avanguardie artistiche. Alcuni di loro coltivano dichiaratamente ambizioni letterarie, anche se rimangono, nella maggior parte dei casi, a livello amatoriale.

In effetti, un gioco di ruolo dal vivo la forma teatrale è completamente destrutturata. Non è soltanto la separazione tra pubblico ed esecutori ad essere messa in discussione.
In un dramma gli attori conoscono lo sviluppo della trama e il pubblico attende pazientemente e passivamente di scoprirla. In un gioco di ruolo dal vivo il dramma emerge dalla interazione tra gli attori/pubblico/giocatori i quali, a priori, non possono avere alcuna idea del finale. Tutto è improvvisato. Ciascun attore-giocatore cerca di raggiungere gli scopi del proprio personaggio e nello stesso tempo di scoprire gli scopi degli altri personaggi, di aiutare i propri alleati, o di ostacolare i propri nemici. Il gioco di ruolo dal vivo è un gioco di conflitto-negoziazione ad informazione incompleta. La sua grande verosimiglianza con la vita reale lo rende coinvolgente e produttivo sul piano della comunicazione.
L'autore di una sceneggiatura per gioco di ruolo dal vivo non descrive le linee di azione e i dialoghi dei personaggi, ma si limita a delineare gli obiettivi, la personalità, i segreti e le motivazioni che legano ciascun personaggio agli altri personaggi. La storia che si realizzerà attraverso l'interazione di tutti questi elementi è un'esperienza fatta propria dall'attore-giocatore attraverso le sue scelte e le sue decisioni.
Un dramma ha una storia lineare, anche quando prevede intrecci complicati e trame secondarie. Lo spettatore sa che l'autore ha scritto una storia che ha un inizio e una fine. Durante lo spettacolo il pubblico è teso a ricostruire la storia che l'autore ha voluto raccontare. Il pubblico pretende dall'autore, dal regista e dagli attori che tutte le informazioni gli vengano rivelate. La conclusione non potrà che essere il risultato di queste informazioni.
Nel teatro interattivo non vi sono conclusioni che non vengano decise dagli attori-giocatori-spettatori. Non tutto è destinato ad essere svelato e, come nella vita, pezzi di storia possono andare perduti insieme alle persone che li hanno custoditi o vissuti.


  • K. Elam, Semiotica del teatro, Il Mulino, Bologna, 1988.
  • I. Goffman, Frame Analysis, Harper & Row, New York, 1974.
  • U. Eco, Lector in fabula: la cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Bompiani, Milano, 1979.
  • R. McLaughlin, Cthulhu Live, Chaosium, Oakland CA, 1997.
  • B. D. Phillips, "Interactive Drama: Deconstructing Theatre", in The Journal at Theatre Central, vol 1, n. 2, 1996.  


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