ROMA - Luca Giuliano insegna Metodologia delle Scienze Sociali
alla Sapienza di Roma, da anni è una delle voci più autorevoli nel mondo
ludico italiano, ha pubblicato saggi e giochi: fra cui, appunto, "On
stage!".
Perché rifarsi dichiaratamente al teatro?
«Perché volevo un gioco dove i personaggi fossero centrali e dove non fossero
indispensabili quantità sterminate di conoscenze. Pensare al teatro e pensare
al teatro di Shakespeare, e quindi ad Amleto, che di fatto racchiude tutto il
mondo shakespeariano, è stato automatico».
"On Stage!" permette di entrare nelle storie e viverle, come tutti
i giochi di ruolo. Che guarda caso si affermano in Italia negli anni Ottanta,
gli stessi in cui si diffondono altri due strumenti apparentemente lontanissimi
come il telecomando e il personal computer. È un caso?
«Ovviamente no: sono tutti modi di agire su un racconto. Quelli sono anche
gli anni in cui si parla con insistenza di frammentazione della modernità, in
cui cresce la consapevolezza dell´incoerenza di un´identità unica e
immutabile. Si può reagire in vari modi: smarrirsi nelle sollecitazioni del
consumo, recuperare un´identità forte e mitica dal passato, oppure accettare
la perdita di un centro trasformandola in elemento creativo».
La voglia di essere protagonisti di una storia è una delle conseguenze di
questo?
«In varie forme. Pensiamo al reality show, dove gli spettatori entrano in
prima persona nella tv. Ma il reality non è altro che un gioco di ruolo: sia
nel Grande Fratello che nella Talpa i partecipanti giocano una variante della
propria personalità».
E come si concilia il bisogno di storie che vengono anche dal teatro con quel
che sembra essere un disamore del pubblico italiano verso il teatro stesso?
«Il grande attore Louis Jouvet diceva che ogni uomo possiede un´anima più
grande della propria vita e che è questo di più che nutre il personaggio. Nei
giochi di narrazione quel "facciamo finta che io ero", che è la
radice stessa del teatro, scende fra il pubblico. E se il teatro professionale
non risponde più a questa esigenza, l´attività ludica, giustamente, se ne
riappropria».
(lo.lip.)
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